In caso di separazione o divorzio il coniuge che non sta con il minore deve concorrere alle spese ordinarie che sostiene quello con cui vive il figlio (solitamente la madre), oltre a quelle straordinarie. In sede di separazione per determinare questo assegno bisogna fare riferimento al reddito del padre al netto, ovvero al netto delle sue spese, quali ad esempio rate di mutuo, canoni di locazione che deve pagare per l’abitazione in cui è andato a vivere, finanziamenti stipulati per la famiglia. Sulla cifra netta si va a calcolare un 20/25/30 % da destinare quale assegno di mantenimento del figlio. La variazione di detta forbice è prevista in quanto si deve tenere conto del fatto che la mamma lavora oppure no, del fatto che il padre è eventualmente proprietario di altri immobili ove non abita che producono reddito, ovvero vive con altra persona con cui ha creato un nuovo nucleo familiare, generando figli di secondo letto. Se i figli di primo letto sono due allora occorre fare riferimento ad una percentuale del 30/35/40%. In caso di più di due figli non si potrà andare oltre il 50% del reddito netto del padre. A questo assegno bisogna aggiungere il concorso alle spese straordinarie che tra i coniugi può essere uguale (50%) oppure variare a seconda del reddito degli stessi.
Nell’ambito della separazione o divorzio l’obbligo di mantenimento dei figli non viene meno con la maggiore età ma solo quando il figlio è economicamente autosufficiente. Ciò significa che se studia con profitto od è disoccupato ma in cerca di lavoro, i coniugi devo continuare a mantenerlo. Detto obbligo si estingue se il ragazzo trova un lavoro stabile, ovvero un lavoro che gli consente di non chiedere più i soldi a papà od alla mamma, ovvero un lavoro attraverso il quale egli può andare a convivere ovvero può pagarsi un canone di locazione. Tale obbligo viene meno anche nel caso in cui il figlio non cerca un lavoro o rinuncia ad offerte di lavoro che si addicono alla sua formazione, oppure frequenta con scarso successo la scuola secondaria o l’università.
Se si tratta di una modifica migliorativa delle condizioni di separazione o divorzio, basta una scrittura privata tra i coniugi. Mentre se l’assegno viene ridotto occorre utilizzare lo stesso procedimento previsto per la separazione o divorzio, ovvero bisogna chiedere al tribunale una modifica delle condizioni di separazione o di divorzio: non basta l’accordo tra i coniugi per rendere l’intesa opponibile tra gli stessi, ma è necessario che il Giudice autorizzi tale modifica in peggio.
Non necessariamente. Il marito in sede di separazione o divorzio può riconoscere la proprietà di immobili in favore del figlio o della moglie, ovvero impegnarsi cederli a quest’ultimi. Anche in questo modo provvederà al loro mantenimento, tra l’altro attraverso la stipula di un rogito notarile esente da tasse, ma solo soggetto al compenso del Notaio.
La cosiddetta separazione con addebito per scoperto tradimento implica che quest’ultimo si sia verificato quando la crisi coniugale non è ancora conclamata ovvero consolidata nel tempo. Se infatti l’adulterio si verifica quando i coniugi da mesi litigano, non hanno rapporti, ecco che la relazione extra coniugale non costituisce motivo di addebito. In altre parole il tradimento deve essere la causa e non la conseguenza della fine del matrimonio affinché possa configurarsi l’addebito nell’ambito della disciplina della separazione.
Non è obbligatorio ma è consigliabile. Basti pensare ai benefici fiscali della prima casa. Nulla osta però che a seguito di una separazione la residenza di entrambi i coniugi rimanga sempre presso la casa coniugale e ciò a condizione che il coniuge assegnatario della stessa sia al contempo consenziente. In altri termini, i coniugi potranno divorziare anche se in quel momento hanno ancora la residenza presso la casa coniugale. Chi “comanda” è il coniuge a cui viene assegnata la casa che, se contrario al mantenimento della residenza, potrà fare una segnalazione al Comune affinché l’altro coniuge venga invitato ad eleggere un nuovo luogo di residenza. In difetto nulla accadrà né da un punto di vista civile né da quello amministrativo.
Trattasi di documenti necessari per la separazione od il divorzio e si richiedono al Comune ove è stato celebrato il matrimonio, non a quello di residenza. Occorre richiedere una copia conforme uso separazione o divorzio che consente di ottenere la esenzione da bolli: si pagherà solo euro 0.26. Null’altro.
Tale coniuge ha diritto solo qualora gli venga riconosciuto un assegno divorzile, ossia qualora percepisca una somma ogni mese dall’altro coniuge. In mancanza non si ha diritto alla pensione di reversibilità. In caso di seconda moglie costei concorrerà con la prima moglie titolare di un assegno divorzile a ripartirsi la pensione di reversibilità secondo tutta una serie di criteri quali in particolare quello che tiene conto della durata dei rispettivi matrimoni.
Con le riforme sul c.d. divorzio breve e sulla negoziazione assistita generalmente dal momento che si firma la separazione davanti agli avvocati in circa 20 giorni si è separati, nel senso che la separazione od anche il divorzio è registrato già in Comune. Quindi non occorre attendere mesi od anni, né andare in Tribunale per l’udienza. Ad esempio in Tribunale a Milano in circa una settimana il Giudice firma l’accordo, a Torino in circa 10/ 15 giorni, stessi tempi per Genova, Bergamo, Lodi e Brescia. A Roma e provincia a volte bastano anche due o tre giorni. Quindi in meno di 30 giorni con le procedure nuove si ottiene la separazione od il divorzio.
Oggi è certamente possibile firmare il divorzio, ottenere l’autorizzazione in massimo 10/20 giorni da parte del Tribunale ed avere poi la registrazione in Comune in 7/15 giorni. Quindi in 30 circa dalle firme si ottiene il divorzio già annotato in Comune, condizione per procedere con le pubblicazioni e poi al nuovo matrimonio. Se seguite la procedura tradizionale, come fanno altri avvocati che non conoscono o non vogliono seguire le riforme, il tempo sarà almeno di 6 mesi, a volte anche un anno, in quanto non basta andare in udienza, ma occorre la pronuncia della sentenza di divorzio o dell’omologa di separazione, il che comporta solitamente alcuni mesi dall’udienza. Non solo ma poi la stessa sentenza di divorzio od omologa di separazione deve essere trasmessa in Comune dal Tribunale, cosa che significa spesso lunghi tempi di attesa. Infine il Comune procederà alla registrazione. A volte un anno non basta. Con la negoziazione assistita si rivolve tutto in un mese circa in quanto il giudice mette solo una firma sulla separazione o divorzio, poi al resto ci pensano gli avvocati.
Sicuramente da un punto di vista delle spese, ovvero di quanto occorre versare all’Agenzia delle Entrate (ad esempio tassa di registro) vale la pena attendere la separazione in quanto in tal modo si può beneficiare di importanti riduzioni, anzi talvolta l’Agenzia delle Entrate nel verificare che la cessione è strumentale a risolvere la crisi familiare, ovvero serve ai fini del mantenimento di un coniuge o di un figlio, prevede la totale esenzione, il che significa che bisognerà solo pagare l’onorario del Notaio. In tali casi si consiglia di fare in modo che il Notaio si attivi con l’Agenzia delle Entrate onde farvi risparmiare parecchi soldi che diversamente verrebbero incamerati dallo Stato.
Certamente. Gli obblighi assunti in sede di separazione o divorzio vincolano i coniugi al loro rispetto, tanto che se ciò non avviene, è possibile convenire avanti il Tribunale il coniuge che non osserva gli impegni presi per ottenere il trasferimento della proprietà del bene. Ma la firma apposta sull’accordo di separazione o divorzio non determina il trasferimento della proprietà anche se si ottiene l’autorizzazione del Tribunale. Successivamente occorrerà andare dal Notaio. Siccome detta cessione immobiliare è strumentale alla risoluzione della crisi familiare si otterrà però una importante riduzione delle tasse da versare allo Stato per la stipula del rogito.
Nella casa coniugale ciascun coniuge a diritto a rimanervi fino a che il giudice non ha autorizzato i coniugi a vivere separati, fissando un termine per il rilascio ad uno degli stessi. Nel caso di separazione consensuale la casa coniugale dovrà essere lasciata entro il termine convenuto o fissato dal Giudice (solitamente 30/60/90 giorni). Dopodiché l’altro coniuge, in caso di mancato rispetto dell’obbligo di rilascio, potrà anche chiamare i carabinieri e polizia per l’esecuzione coattiva. Una volta lasciata la casa coniugale il coniuge non potrà più tornare nella stessa se non previa autorizzazione del coniuge assegnatario dell’abitazione, anche se la casa è di piena proprietà del coniuge che ha dovuto lasciarla.
Il diritto spetta al coniuge con cui i figli vivranno stabilmente. Questo coniuge ha diritto a rimanervi anche nel caso in cui la casa sia di proprietà dell’altro coniuge, oppure di un terzo. Tale diritto potrà essere esercitato o meglio opposto all’altro coniuge fino a che i figli non saranno economicamente indipendenti. Per essere certi di fare valere tale diritto nei confronti di terzi, ad esempio gli acquirenti dell’immobile, occorre la trascrizione della separazione o del divorzio presso la competente Conservatoria dei Registri Immobiliari.
L’obbligo di pagamento delle spese straordinarie a seguito di separazione o divorzio sussiste se quest’ultime sono state preventivamente concordate tra i coniugi. In mancanza non esiste l’obbligo, salvo che si tratti di spese urgenti (ad esempio quelle mediche). Inoltre il coniuge dovrà pagare solo se viene esibito scontrino o la fattura della spesa concordata.
Esistono due vie: quella civile che consiste nel procedere con il pignoramento dello stipendio o dei conti correnti, onde procedere al recupero forzoso degli arretrati non versati così come previsti in sede di separazione o divorzio. In tal caso basterà copia autentica della separazione o del divorzio ed un’intimazione a pagare entro 10 giorni da parte di un avvocato. Dopodiché sarà possibile procedere al blocco dei conti correnti del coniuge inadempiente o con le trattenute (da 1/5 ad ½) sullo stipendio. Non solo ma la moglie potrà altresì denunciare il marito per omessa corresponsione degli alimenti, il che significa l’avvio di un procedimento penale con verosimile condanna del marito a pena detentiva e pena pecuniaria, oltre che compromissione della sua fedina penale.
Nonostante la difficile situazione economica anche il padre disoccupato deve dare dei soldi alla madre per il mantenimento del figlio attesa la intervenuta separazione. Non basta lo stato di disoccupazione ad escludere tale obbligo. I giudici si appellano alla capacità lavorativa del genitore che seppure disoccupato non lo esonera dal mettere a disposizione del figlio almeno 100/150/200 euro al mese. Al limite se questo padre non riuscirà a procurarsi tale somma facendo lavori saltuari, per legge sarà tenuto a chiederli ai suoi prossimi congiunti, ovvero ai genitori od ai fratelli che dovranno provvedervi.
Sicuramente le spese connesse all’aumento della prole, anche se di secondo letto, rilevano in caso di separazione o divorzio ai fini del calcolo dell’assegno di mantenimento da parte del padre in favore del figlio di primo letto e ciò in base al principio della parità di trattamento tra figli nati durante il matrimonio e quelli sopravvenuti durante la convivenza od il secondo matrimonio.
Non esiste una norma al riguardo ma gli psicologi consigliano di attendere almeno 6 mesi od anche 1 anno dal momento che il figlio ha iniziato ad elaborare l’evento drammatico della separazione. In mancanza l’altro coniuge potrebbe attivarsi anche richiedendo l’affidamento esclusivo.